Il nome Pratiche dello Yajè

Il nome Pratiche dello Yajè, nasce da un matrimonio di passioni tra letteratura e sciamanismo che involontariamente li unisce, contribuendo a creare il marchio di fabbrica legato alla stampa a rilievo

La mia lunga frequentazione dell’America Latina: Nicaragua ed Ecuador in particolare, mi hanno portato a conoscere differenti tradizioni sciamaniche e soprattutto la grafica della xilografia latinoamericana, usata principalmente per la propaganda politica di protesta.

Alcuni momenti trascorsi con gli indios Shuar della selva Amazzonica ecuatoriana sono stati l’occasione che mi hanno messo in contatto con l’uso rituale della Ayawaska, uno “spirito vegetalechiamato dai nativi col termine Yajè.  Una sostanza psicotropa che conduce all’oltre e al mondo degli spiriti. Utilizzata dagli sciamani come ponte tra due dimensioni.

Negli anni cinquanta, in America, si andava formando un genere culturale e poetico denominato Beat Generation che scardinava vecchi modelli culturali e letterari.  

Furono proprio due giganti di quel movimento: Allen Ginsberg e William Burroughs che scambiandosi una sorta di diario epistolare, diedero il titolo ad un libro: “Le lettere dello Yajè” edito in Italia da Sugarco Edizioni (1991) poi ristampato da Adelphi. Da qui il suggerimento al nome della mia casa editrice. Per unire spiritualità e trasgressione.

Il logo di Pratiche dello Yajè, riproduce la pianta principale, la Banisteriopsis caapi,  che viene utilizzata nella lunga preparazione della bevanda Yajè, che dura 24 ore e a fuoco lento per ottenere una riduzione densa, dal colore melmoso e fortemente emetica.

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